Documentario su Mario Bava, maestro del cinema horror italiano. Autore di pellicole come "La maschera del demonio", "I tre volti della paura", e altri numerosi film cult. Documentario realizzato in occasione del centenario della nascita del regista.
BLACK CHRISTMAS: EVOLUZIONE DI UNO SLASHER (1974-2006-2019)
Quando si parla di slasher probabilmente Black Christmas (Bob Clark, 1974) non è il primo film che venga universalmente in mente in modo immediato e automatico.
Perché, diciamocelo, anche chi non ama e non fruisce il genere sa citare - anche e soprattutto senza averli visti - Venerdì 13 o Nightmare, ma questo film di Natale sui generis è sfortunatamente rimasto appannaggio degli appassionati e non è riuscito a divenire altrettanto iconico.
Tuttavia prima di Michael Myers, prima di Jason Voorhees (a cui ha gentilmente spianato la strada la sua dolce genitrice), e molto prima di Freddy Krueger, il sottogenere ha fatto la terrificante conoscenza di Billy.
Forse, con il proverbiale senno di poi, noi abbiamo fatto in gran parte grazie a lui la conoscenza dello slasher nella sua forma moderna.
Messa in conto la sempiterna nebulosità nel determinare i confini temporali e qualitativi delle innovazioni, Black Christmas potrebbe essere considerato, a tutti gli effetti, uno dei primi slasher "puri" della Storia del Cinema.
Questo senza dimenticare l'inestimabile contributo che, nella definizione del filone, ha rappresentato la struttura del giallo all'italiana, che dello slasher è stato antesignano - Reazione a catena (Mario Bava, 1971) su tutti - e tutte quelle narrazioni che, talvolta in tempi insospettabili, hanno visto misteriosi mietitori esercitare la loro furia omicida: La scala a chiocciola (Robert Siodmak, 1946) e 5 corpi senza testa (William Castle, 1965), con tanto di omicida donna, per fare solo due esempi.
[Olivia Hussey nei panni della Final Girl di Black Christmas (1974): Jess Bradford] Black Christmas
Forte di un riconoscimento tardivo (quante volte si è ripetuto questo schema nella Storia del Cinema?), Black Christmas non è forse rientrato immediatamente nei radar degli storici perché non si tratta di un film americano, bensì canadese; anche se tre colossi del cast sono stati "importati" per l'occasione: Olivia Hussey - che interpreta Jess - è inglese, mentre Keir Dullea, il David di 2001: Odissea nello spazio - che interpreta il fidanzato Peter - e John Saxon, ovvero il tenente Fuller, sono statunitensi.
Poco importa che sia uscito contemporaneamente a Non aprite quella porta (Tobe Hooper, 1974): nella battaglia per il riconoscimento "istituzionale", Leatherface ha avuto la meglio.
Eppure, guardando il film diventa palese come tutta una serie di scelte narrative e stilistiche che vi troviamo siano poi state recuperate, trasposte, riciclate in altri prodotti, fino a costituirsi come i veri e propri tropi che hanno definito lo slasher come sottogenere e che ancora in parte lo definiscono, sul versante più "classico", che viene oggi puntualmente messo in discussione dalla parodia e dalla meta-riflessione, in film come The Final Girls (Todd Strauss-Schulson, 2015) e Auguri per la tua morte (Christopher Landon, 2017).
Non sempre i professionisti della Settima Arte hanno la percezione, nel momento della creazione, di stare realizzando qualcosa di seminale, il cui valore troverà spazio nella - e verrà rilanciato dalla - Storia del Cinema.
Spesso è solo retrospettivamente, testimoniando ciò che è avvenuto in seguito, che si è in grado di riconoscersi - anche un po' tronfiamente - il merito che spetta.
Mai fidarsi delle dichiarazioni dei registi, soprattutto se sconfessate dalla controparte; rimane tuttavia interessante - e indicativo del processo di riciclo e istituzionalizzazione degli elementi formali e narrativi - quanto dichiarato da Bob Clark in un'intervista (che è parte di Black Christmas Legacy, un extra dell'edizione Blu-ray canadese Anchor Bay, e si trova agilmente anche su YouTube).
Il regista racconta infatti che, alla domanda di John Carpenter (allora agli inizi della carriera) sulla sua intenzione o meno di realizzare un sequel del suo Black Christmas, rispose negativamente, andando comunque a delineare un ipotetico scenario in cui il secondo film si sarebbe svolto l'autunno sequente ai fatti, con il killer che - dopo essere stato in qualche modo catturato - evadeva e tornava a perseguitare le ragazze della Pi Kappa Sigma.
Il titolo del film sarebbe stato Halloween.
[Billy, il killer psicopatico, nel momento di massima esposizione della sua fisionomia: "Agnes, don't you tell what we did..."]
Black Christmas
Ma di cosa parliamo quando parliamo di Black Christmas?
Il Natale sta per arrivare, e nel quieto campus di Bedford (che non può non richiamare alla mente - in un rovesciamento sanguinoso, ma pur sempre tra ghirlande e lucine - la fiabesca Bedford Falls di La vita è meravigliosa di Frank Capra), le ragazze della Pi Kappa Sigma si danno ai preparativi per la partenza e alla spensieratezza del clima festivo. Ma suscitando le loro reazioni divertite, preoccupate, inorridite torna a farsi sentire una vecchia "conoscenza" del gruppo, ovvero colui che la nostra protagonista Jess definisce "il gorgogliatore misterioso" (in originale, più breve e incisivo, "the moaner").